Piede - Criticità e infortuni

Infortuni nel piede: Interpretazione e criticità

Infortuni nel piede: interpretazione e criticità

 

Il “magazine” dei preparatori atletici di tutte le discipline sportive, nel numero di Luglio 2023, ha pubblicato un articolo a firma del Prof. Carmelo Giuffrida e del Prof. Rodolfo Lisi intitolato:

 

“Il piede: Interpretazione e criticità degli infortuni”

 

Prof. Dott. Carmelo Giuffrida
drcarmelogiuffrida@yahoo.it

Prof. Rodolfo Lisi rodolfo.lisi@libero.it

Il piede umano rappresenta la base del sistema antigravitario e il punto fisso che sfrutta l’uomo per conferire l’appoggio dell’intero peso corporeo condizionando l’evoluzione della statica vertebrale e, di conseguenza, dell’intera postura nella dinamica traslatoria dell’apparato locomotore. Nel tennis, rispetto alla corsa lineare, si assiste a una corsa multidirezionale, asimmetrica, esplosiva e non ripetitiva. I movimenti e i gesti tecnici specifici, pertanto, creano un overuse del sistema osteo-mio-tendino-legamentoso e articolare.

Anatomia del Piede

Figura 1 – Anatomia del Piede

 

Anatomia e morfologia plantare

 

 

La morfologia del piede ha origine dal patrimonio genetico di ogni individuo e, in particolar modo negli sportivi, viene nel tempo influenzata modificando la modellatura del piede in base alla specialità praticata.
Basti pensare alle differenze più evidenti tra piede cavo e pronato esistenti tra atleti praticanti diverse discipline (Kannus, 1992). Dal punto di vista anatomico, il piede risulta costituito da 26 ossa, 33 articolazioni e 20 muscoli.
Considerando gli aspetti funzionali e strutturali, il piede si suddivide in:
avampiede, composto da scafoide, cuboide; anteriormente si trovano 5 raggi metatarsali (metatarso) e le falangi delle 5 dita (figura 1).

mesopiede, definito da 3 cuneiformi;

retropiede, composto da astragalo e calcagno;

il tarso, è formato dal mesopiede più il retropiede.

La coesione tra le ossa avviene attraverso formazioni capsulo-legamentose e aponeurotiche a cui si aggiungono le strutture muscolari. In particolar modo, i muscoli hanno come fine prevalente quello di controllo, regolazione della funzione antigravitaria e adattamento alla superficie di appoggio.
Le sinergie e la complessità di azione dei muscoli del piede permettono di fornire vantaggi per il risparmio energetico in quanto sono in grado di sviluppare tensioni notevoli con accorciamenti contenuti e coinvolgendo più articolazioni.

 

Infortuni nel piede: Interazione piede-suolo

 

Il piede svolge la funzione di ammortizzatore dell’apparato locomotore, conferisce l’equilibrio dinamico su superfici sconnesse e fornisce propulsione, slancio e flessibilità nella deambulazione, nei salti, nei balzi e nella corsa.
L’interazione piede-suolo è l’elemento fondamentale della postura animale che, nell’essere umano, si concretizza nei rapporti mono-podalici e bi-podalici (Giuffrida, 2016).
In poche parole, i piedi rappresentano gli strumenti utili a prelevare dalla forza gravitazionale le energie di risposta necessarie per ottenere la locomozione bipede.

 

“Piede e Centro di Massa” – La deambulazione

Piede - Criticità e infortuniDato il “II° Principio della Dinamica”, il moto del centro di massa (COM) di un corpo e il suo moto rotatorio rispetto allo stesso punto è determinato dalle forze esterne applicate al corpo stesso. Il centro di massa coincide con il baricentro nel caso che l’accelerazione di gravità possa assumersi costante nell’analisi del movimento umano (Giuffrida, 2018).
La deambulazione bi-podalica e la stazione eretta sono schemi motori specifici e caratteristici che si realizzano in un ambiente in cui, per effetto della sua particolare condizione, l’uomo è costretto a contrastare continuamente la forza gravitazionale. L’essere umano esercita un’attività muscolare continua per mantenere l’equilibrio, sia statico sia dinamico, ma anche per spostarsi nello spazio che lo circonda. La statica eretta e la locomozione bi-podalica (funzione antigravitaria) sono meccanismi particolarmente specialistici maturati dall’uomo con lo sviluppo filo-ontogenico.
Il corpo umano, e il piede in particolare, esprimono il progressivo adattamento all’ambiente concretizzando l’acquisizione di capacità comportamentali che consentono di realizzare il movimento contrastando le forze ambientali neutralizzate o sfruttate per le proprie esigenze motorie. La postura eretta è l’effetto di un equilibrio instabile che avviene su base ridotta di una massa articolata lunga e stretta (cilindro toracico), tenuta insieme da giunti molto mobili in cui si realizza una continua ripartizione derivante dall’intervento mio-fasciale degli estensori e dei flessori.

 

Infortuni nel piede: cosa succede se si incrementano le tensioni muscolari

 

L’aumento delle tensioni muscolari deriva da processi della propriocezione di cui se ne conosce la portata e rappresentano la funzione del piede quale organo di senso. La stimolazione della pianta del piede da parte del terreno garantisce la percezione dell’appoggio che è condizionata dalla consistenza del fondo più o meno duro o morbido, dalla sua struttura liscia o rugosa, se il piede è nudo o rivestito dalle scarpe.
Purtroppo, ai nostri giorni, agli adattamenti del sistema piede-caviglia non corrisponde una corretta protezione, dato che il contributo della modernità ne deforma le attitudini con calzature anti-fisiologiche e frequentemente inadatte. Le caratteristiche cinematiche del complesso piede-caviglia, per effetto della natura di questa parte anatomica del corpo umano e per la molteplicità delle funzioni che deve assolvere, sono parecchio complesse.

 

Riflessi podalici e interazione piede-suolo

 

In fisiologia umana si dimostra facilmente che esiste un riflesso di appoggio composto da due elementi essenziali:
1. riflesso di posizione plantare;
2. riflesso al contatto del piede.

Lo studio dell’interazione umana con l’appoggio mono-podalico o bi-podalico comprende sia l’analisi dei movimenti effettuati sul posto di stazionamento, caratterizzati da un contatto invariabile e dal mantenimento dell’equilibrio, sia l’atto dinamico proprio dell’uomo che si muove. Un sistema di movimento deve compiere lavoro e ciò deriva dalla forza propulsiva di cui è dotato il sistema. L’entità della forza e la direzione della sua azione condizionano l’efficienza dello spostamento del sistema, la proporzionale rapidità di movimento e la tipologia di traiettoria effettuata (rettilinea o curva).
Il piede assolve il compito antigravitario poiché è sede dei rapporti tra superficie d’appoggio e corpo umano mediante variazioni del grado
di avvolgimento retro-avam-podalico corrispondenti alle variazioni del rapporto fra linea gravitaria e perimetro del poligono d’appoggio.
Nella deambulazione bi-podalica i meccanismi locomotori derivano dai rapporti tra le rotazioni sopra-podaliche e quelle retro-podaliche.
Mediante l’intervento delle articolazioni podaliche distali, e specificatamente della medio-tarsica, le rotazioni sopra-podaliche – piano trasverso – vengono indirizzate verso il piano frontale su cui l’elica podalica si avvolge e si svolge.

 

Infortuni nel piede:

svolgimento meccanico del passo!

 

Nello svolgimento del meccanismo motorio antigravitario si assiste alla seguente successione:
• primo quarto della fase portante, nel passo – dallo 0% al 25%
1. introduzione dei segmenti sopra-podalici;
2. orizzontalizzazione del retropiede;
3. sblocco della mediotarsica;
4. rilasciamento del piede;

• nella fase portante, nel passo – dal 26% al 100%
5. extra-rotazione dei segmenti sopra-podalici;
6. verticalizzazione del retropiede;
7. blocco della medio-tarsica;
8. irrigidimento del piede.

Il rapporto tra le forze interne (forze muscolari) ed esterne (forze di reazione dell’appoggio) può essere analizzato attraverso lo studio dei meccanismi di movimento specialistici e, di conseguenza, trarre soluzioni razionali in rapporto alle esigenze individuali. Nel movimento umano, le forze esterne possono essere distinte in resistenti (di lavoro o di ostacolo) e motrici.
Superare la resistenza di lavoro è lo scopo essenziale dei movimenti compiuti dall’uomo (sollevare un bilanciere, arrampicarsi, saltare, camminare, superare la forza gravitazionale); la resistenza di ostacolo è, invece, rappresentata dalle forze di attrito.

 

L’interazione piede-suolo è differente nella corsa rispetto alla marcia.

 

Nella corsa vi è diversità d’appoggio e di reazione: la corsa lenta è differente dalla corsa veloce o di quella a ostacoli; e, allo stesso modo, esistono differenziazioni interattive tra il salto in alto rispetto al lungo, al triplo, con l’asta. Ed è così anche nelle rincorse dei lanci. Ogni
differente specialità atletica evidenzia una sua specifica interazione dove si comprende normalmente uno slancio o una ricorsa con appoggio
calcaneare, appoggio totale, appoggio digitale anteroposteriore e postero-anteriore.

L’appoggio si realizza in maniera differente e il peso corporeo viene assorbito da una superficie che varia essenzialmente in rapporto alla
velocità di traslocazione:
1. esterno del piede e zona digitale alle elevate velocità;
2. quasi tutta la pianta nelle medie progressioni;
3. calcagno-pianta nelle velocità molto basse.

I momenti fondamentali dell’interazione si combinano in un movimento in successione di prono-supinazione elicoidale di avvolgimento e svolgimento che si può riassumere in tre fasi:
1. ammortizzazione (periodo di contatto 25%);
2. equilibrio dinamico (periodo di appoggio 40%);
3. spinta propulsiva (periodo di propulsione 35%).

La costruzione di un sistema mobile efficiente deve consentire lo smorzamento meccanico delle sollecitazioni cui viene sottoposto durante
l’attività entro una data soglia, dipendente dalla natura dei materiali che lo costituiscono.

Questa funzione, in poche parole, dipende da due fondamentali aspetti:
1. la necessità di conservare l’integrità degli elementi costituenti il sistema;
2. la necessità di assicurare la regolarità propulsiva e, possibilmente, favorirne l’espletamento.

 

Infortuni nel piede: azioni ammortizzanti

 

In determinate fasi dello spostamento, il sistema ammortizzante è in grado di accumulare energia elastica che viene trasformata in cinetica nel pieno rispetto del principio di conservazione dell’energia, favorendo la realizzazione della successiva fase propulsiva. La possibilità di ammortizzare gli impatti con la superficie d’appoggio è fondamentale per garantire una corretta qualificazione della progressione di avanzamento;
inoltre, assicura l’integrità della struttura che realizza l’ammortizzamento per effetto della razionale e corretta azione delle strutture osteo-mio-tendino-legamentose e articolari.
Quando si tocca il suolo con il piede (appoggio o ammortizzazione), la velocità plantare in posizione posteriore rispetto al baricentro del corpo deve essere almeno uguale alla velocità del baricentro affinché possa realizzarsi un appoggio in grado di garantire il mantenimento dell’equilibrio.
Infatti, normalmente, l’atterraggio avviene davanti al baricentro e la distanza della proiezione di questo sul terreno diminuisce con l’incremento della velocità. La forza reattiva dell’appoggio al suolo fornisce il sostentamento del corpo e, successivamente, in fase di spinta, ne garantisce la progressione realizzando l’estensione del piede grazie all’escursione dell’articolazione tibio-tarsica e all’intervento in successione dei muscoli preposti all’espletamento dell’impulso di progressione (Giuffrida, 2021).
Quindi, in buona sostanza, le gestualità sportive in generale, e quelle tennistiche in particolare, rappresentano la ripetizione nel tempo di
un insieme di movimenti ottimizzati che sottopongono le strutture anatomiche a stress non indifferenti.

Il piede del tennista, le criticità

 

Il piede del tennista, seppur sottoposto a numerose sollecitazioni, è un elemento fondamentale per l’ottimizzazione della performance e la prevenzione degli infortuni. Come detto, la fase propulsiva del piede durante un gesto motorio riveste una notevole importanza. In estrema
sintesi, la cinematica della fase propulsiva del piede ha inizio con il sollevamento del calcagno dal suolo con la conseguente flessione dorsale delle dita (figura 2): l’aponeurosi plantare, tendendosi, diminuisce la sua lunghezza e il meccanismo dell’argano completa la coesione intra-podalica. Tale azione solleva l’intero corpo e, di conseguenza, il centro di massa si sposta in avanti-alto.

Comportamento del piede dentro la scarpa

Figura 2 – Comportamento del piede dentro la scarpa – Il picco di forza trasmesso al tendine d’Achille e alla sua inserzione dipende dal
tipo di movimento; nel cammino, è pari a circa 4 volte la forza peso del soggetto mentre nella corsa può raggiungere anche le 10 volte. Altre variabili che modificano questa grandezza sono la superficie di
gioco e la calzatura. Nel tennis, dove le sollecitazioni a carico del tendine d’Achille possono ritenersi piuttosto significative, si presentano numerose combinazioni dei fattori sopra citati, per cui definire valori specifici di riferimento risulta estremamente difficile (Dixon & Kerwin, 1999; Piazza & Pavol, 2006).

 

Infortuni nel piede: Analisi del movimento

 

Infatti, l’innalzamento del tallone – associato al movimento di tutti i segmenti corporei – è la modalità con cui le diverse contrazioni muscolari permettono di imprimere al COM la forza necessaria al suo spostamento (Lisi, 2009).
Nel tennis, i movimenti potenzialmente più rischiosi sono gli spostamenti laterali nei quali il giocatore si ferma bruscamente per colpire la palla. In questa particolare situazione, le suole delle scarpe possono fungere da leva forzando il piede in supinazione e causando, a volte, un trauma detto appunto “da supinazione” (Lisi, 2007). La parte laterale del piede è sottoposta a intense sollecitazioni dovute alla forza scaricata a terra (peso e inerzie dovute al movimento). La posizione e l’ampiezza della forza scaricata generano un momento meccanico avente come fulcro la parte laterale del piede anteriore, contrastato a livello prossimale dalla caviglia, con conseguente forte sollecitazione di questa articolazione.

 

Infortuni nel piede: Lateralità podalica

 

Nel tennista destrorso, la caviglia sinistra – ultimo contatto col terreno nella parte finale del servizio – costituisce distretto di fragilità lesionale.

Nel mancino, naturalmente, i lati sono invertiti. Sempre a livello della caviglia, il trauma in inversione è piuttosto frequente, favorito dalla maggiore instabilità anatomica dell’articolazione, con conseguente lesione di maggiore o minore gravità del complesso legamentoso esterno. Il momento più critico per l’insorgenza di tale patologia è la preparazione del rovescio, in particolar modo bimane. In tale situazione, sovente, la tibia si atteggia in extra-rotazione, il piede è plantar-flesso e un’eccessiva supinazione e inversione completano il quadro predisponente.
Un’instabilità pregressa su base congenita o postraumatica, ovviamente, può facilitare il tutto (Lisi, 2016).

 

 

Infortuni nel piede: Tennis e azioni motorie specifiche

 

Nei pressi della rete, il movimento di “saltellamento”, cioè l’atterraggio sull’avampiede, appare assai vantaggioso in termini biomeccanici. In tale modalità, infatti, lo stesso peso del corpo (in caduta) è utilizzato per caricare di energia elastica la “molla” del sistema achilleo-plantare.
Questa, poi, viene rapidamente liberata nel balzo successivo e consente l’avanzamento del corpo nello spazio. Rispetto all’atterraggio sul tallone, il risparmio energetico è notevole e risulta anche minore il tempo di esecuzione e di controllo nervoso propriocettivo.
Per converso, il sistema è sottoposto a maggiore stress meccanico e il rischio distorsivo aumenta nel terreno accidentato, con diminuzione
della stabilità complessiva e della precisione del gesto atletico (Lisi, 2016).

Una superficie con attrito elevato è più critica rispetto alla terra rossa: quest’ultima, infatti, permettendo un certo grado di scivolamento, lascia al giocatore un tempo sufficiente al controllo attivo del movimento (figura 3).

Fase di frenata-piede-tennis-terra rossa-

Figura 3 – Lo scivolamento su una superficie in terra rossa si traduce in una fase di frenata più lunga e con forze massime inferiori a quelle che si riscontrano su una superficie dura. Si noti che se il tennista arriva alla frenata con la stessa velocità, ossia la stessa quantità di moto, l’area sottesa dalle due curve, corrispondente all’impulso, è la medesima nei due casi (Lisi, 2016).

 

Infortuni nel piede: Affermazioni scientifiche

 

Tale asserzione è suffragata scientificamente attraverso i valori del massimo momento di rotazione misurato con pedana dinamometrica in 12 soggetti che indossavano scarpe diverse. Il risultato ottenuto è estremamente interessante: la variabilità del momento massimo riscontrata sulle superfici diverse è molto maggiore (100% circa) rispetto a quella rilevata tra le varie scarpe (Nigg et al., 1980). Dati, questi, che confermano come le proprietà meccaniche della superficie producano maggiori variazioni del carico articolare rispetto alle calzature. Si può affermare dunque che, indipendentemente dal tipo di calzatura, è il terreno di gioco che determina sollecitazioni imposte al sistema muscoloscheletrico (Lisi, 2007).

 

Infortuni nel piede: La scelta della scarpa!

 

Da non sottovalutare, comunque, l’importanza della scelta della calzatura. Deve essere ideata e costruita in relazione allo studio del gesto sportivo della disciplina e dei manti su cui ci si esercita. Una scarpa di buona qualità, che ben si adatti al piede, con la tomaia foderata e, soprattutto, con la suola adeguata al tipo di superficie (terra, cemento o erba), eviterà problemi durante le fasi di gioco, facendo diminuire sensibilmente il rischio di infortuni (Lisi, 2016).
Difatti, nel tennista – così come in qualsiasi altro sportivo – una calzatura inadeguata rischia di fuorviare la corretta acquisizione del controllo neuromotorio inconscio del gesto atletico (ossia, la “memoria” di automatismi prodotta dalla ripetizione e dall’affinamento dell’esercizio) al punto da facilitare la probabilità e le occasioni di eventi traumatici et similia. Tra l’altro, l’accortezza di rivolgersi a una calzatura comoda e funzionale, rifuggendo dal mero gusto estetico, è ancora più necessaria nel giovane tennista: il piede, in crescita, si modella sulle afferenze propriocettive.

Infortuni nel piede: Comuni patologie della struttura caviglia-piede

 

Si riportano, di seguito, le comuni patologie della struttura caviglia-piede ascrivibili (anche) a una calzatura che non rispecchia i requisiti più volte enunciati nel presente paragrafo.

Fascite plantare

Patologia infiammatoria, più frequentemente da sovraccarico, a carico dell’inserzione calcaneare mediale della fascia fibrosa del piede. L’eccessiva pronazione del piede e la tensione prolungata su soleo e gastrocnemio contribuiscono all’insorgenza del dolore.

Apofisite esostosica calcaneare (“spina calcaneare”)

Sindrome molto simile alla precedente, favorita in parte dalla presenza di esostosi dell’apofisi calcaneare plantare.

“Tennis toe”

Patologia dolorosa localizzata a livello dell’alluce (ma descritta anche in relazione ad altre dita del piede) causata proprio da urto ripetitivo nella calzatura con conseguente formazione di ematoma subungueale dolente (la perforazione dell’unghia è spesso necessaria per alleviare il dolore). Il meccanismo traumatico è costituito da arresti improvvisi ripetuti della marcia o della corsa.

“Turf toe”

Capsulite dolente con iperestensione della prima articolazione metatarso-falangea (tipica dei fantini), causata da lesioni capsulo-legamentose a loro volta favorite da appoggio su superficie rigida o calzatura a mescola gommosa inadatta.
La terapia è conservativa.

Artrosi della prima articolazione metatarso-falangea

Sindrome degenerativa dolente dell’alluce favorita da eccessiva dorsi-flessione ripetuta.

Vesciche cutanee achillee

In realtà, sono causate da una calzatura nuova o inadatta. Piuttosto frequenti, le vesciche si localizzano sulla zona post-inserzionale achillea a livello del calcagno. La causa è la frizione della cute e la compressione delle strutture sottocutanee che provoca la formazione di essudato infiammatorio all’interno della struttura bursale. La terapia è conservativa. In realtà,

Borsite achillea

Si localizza elettivamente in sede posteriore a livello del tendine achilleo pre-inserzionalmente o sulla porzione del tutto insertiva.

Tendinite o rottura achillea

La patologia precedente di solito la precede. Sovraccarico o anomalie biomeccaniche o metaboliche facilitano la degenerazione tendinea progressiva che in alcuni casi, in età media, giunge a rottura.
Ciò accade quasi sempre al momento della partenza da fermi per uno scatto (a rete, nel caso specifico) con piede in dorsi-flessione e ginocchio esteso che esegue una plantar-flessione forzata.

Morbo di Haglund

Sindrome da attrito della porzione calcaneare supero-posteriore contro il tendine achilleo. In altri termini,

Fratture da stress

Lesioni ossee da sovraccarico frequenti a livello dei metatarsi.
Massima attenzione in caso di dolore del piede a carattere atraumatico diretto. Malattie metaboliche preesistenti facilitano la frattura.

Sindromi canalicolari

Patologie a carico di rami nervosi, distinte secondo localizzazione e tipo di tronco coinvolto. I sintomi sono, conseguentemente, sensitivi o motori. Sovraccarico ed errata tecnica sportiva rappresentano i fattori favorenti principali.
Frequente l’interessamento del nervo tibiale (sindrome del tunnel tarsale).

Distorsione della caviglia

È una tra le lesioni più frequenti del tennista. In molti casi, il piede ruota verso l’interno provocando dolore e gonfiore sulla parte esterna della caviglia a causa dell’iperestensione dei legamenti.

Calli, duroni e vesciche

I calli e i duroni (ipercheratosi) si formano a causa dell’attrito tra il piede e la scarpa. Normalmente, si suggerisce l’asportazione dell’eccesso cheratosico con pomice dopo il pediluvio. Per quanto concerne le vesciche – lesioni dolorose che compaiono a seguito di sfregamento e pressione – conviene drenarle di lato senza asportare la pelle superiore.

Conclusione: Infortuni nel piede!

Nel tennis, le patologie degli arti inferiori, e principalmente della struttura caviglia-piede, sono ascrivibili soprattutto a problemi di sovraccarico legati all’intensità e al numero di ripetizioni di gesti tecnici altamente dinamici (Pluim & Safran, 2004). Un ruolo fondamentale, sia per la prestazione sia per l’insorgere di patologie o il verificarsi di infortuni, è svolto dalle componenti caratterizzanti il gioco.
Lo sviluppo e la produzione di attrezzi e superfici di gioco innovativi, sulla carta maggiormente performanti, non sempre garantiscono gli esiti previsti per la qualità delle prestazioni e per l’integrità dei praticanti. Se ai massimi livelli, spesso, le problematiche si manifestano a causa dell’intensità e della frequenza delle prestazioni, a livello amatoriale una delle cause principali degli insuccessi dovuti a peculiarità tecnologiche (tipicamente la racchetta o la calzatura) risiede, soprattutto in fase di acquisto, nella mancata consapevolezza di quanto l’attrezzo e la superficie mediano il trasferimento dei carichi tra uomo e ambiente circostante. Ogni modifica di queste componenti comporta la ridistribuzione delle sollecitazioni meccaniche sul sistema biologico, con effetti difficili da prevedere senza le necessarie conoscenze delle sue potenzialità e dei suoi limiti.

Pertanto,

Infatti, anche supponendo di avere la possibilità di accedere a un attrezzo corredato dal produttore di un’accurata descrizione delle proprietà meccaniche, non si può dimenticare l’individualità dell’essere umano che si manifesta in termini di differenze antropometriche, conformazione muscolare, risposta biologica agli stimoli e così via. Ne consegue la necessità di conoscere a fondo entrambi i componenti (uomo e attrezzo) per realizzare il migliore accoppiamento, declinando quest’ultimo in funzione dell’obiettivo finale prescelto.

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