Paramorfismi rachidei e Nuoto
Paramorfismi rachidei e nuoto in un articolo scientifico del Prof. Carmelo Giuffrida per fare chiarezza sull’argomento della Fluidodinamica e della logica chinesiologica applicate al movimento razionale dell’essere umano!
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Il concetto di benessere fisico trova nell’elemento “Acqua” e nell’“Attività Fisica” una alleanza non indifferente. Spesso, il ben-essere riveste il ruolo della complicità per tentare di risolvere importanti problematiche connesse all’apparato locomotore.
Infatti, sin da epoche remote, dalla civiltà egizia a quella ellenica e romana, l’uso dell’acqua per la ricerca del benessere a finalità rieducativa costituisce uno dei procedimenti più antichi di cui ha disposto l’essere umano.
Non di meno, nell’ambito della rieducazione posturale, è uso ricorrente, purtroppo ancora abitualmente, attribuire doti rieducative alle attività sportive e, in particolar modo, al nuoto.
Il più delle volte tali qualità risultano assolutamente improprie e prive di evidenze e giustificazioni scientifiche.
Sorge spontaneo chiedersi:
Scoliosi, ipercifosi dorsale e iperlordosi lombare possono riceverne benefici!?
La pratica degli sport impone all’apparato locomotore delle traslocazioni spaziali di particolare impegno bio-meccanico. Se i gesti motori vengono sfruttati intelligentemente, possono essere un ottimo ausilio per il potenziamento armonico dei vari complessi mio-fasciali. In particolar modo, proprio per il coinvolgimento della catena cinetica muscolare posteriore che interessa anche la colonna vertebrale.
Pertanto, l’attività motoria assume aspetto formativo.
Ma occorre fornire una esatta impostazione delle funzioni profilattiche. E ciò, ai fini di una prevenzione dei paramorfismi e di ogni sub-normalità psicomotoria, con attenzioni rivolte a posture e a dinamismi fondamentali.
Paramorfismi rachidei e nuoto: Le attività acquatiche e natatorie ricoprono un ruolo di dubbia validità!
Purtroppo, si continua a prescrivere il nuoto. Questo è oggetto di attenzioni ingiustificate e controproducenti nel processo di normalizzazione delle alterazioni morfologico-posturali e nella rieducazione della scoliosi.
Ancora oggi sopravvivono stereotipi culturali privi di fondamento scientifico e che non giustificano il beneficio del nuoto.
L’effetto miorilassante e decontratturante dell’esercizio in acqua viene parecchio utilizzato nel management del dolore. E ciò, soprattutto, in presenza di algia vertebrale (back pain) e nella traumatologia sportiva, quale momento di riatletizzazione. In ambito neurologico viene prescritto come ultima risorsa nell’intento di sfruttare il mezzo acquatico come “facilitazione” motoria rispetto al movimento svolto sulla terraferma.
Tanti “si dice” inducono, vecchi Medici non più aggiornati e la profanità dell’utenza che è costretta a un vissuto di educazione posturale, ad attribuire doti rieducative funzionali alle attività motorie in acqua.
Frequentemente, lo sport viene scelto come momento compensativo di alterazioni morfologico-posturali o di gravi curve scoliotiche paramorfiche.
In particolare, in modo improprio e assolutamente ingiustificato, la scelta è indirizzata verso il nuoto come fosse una panacea.
Gli sport acquatici e natatori (di qualsiasi tipo o tecnica e comunque denominate) non sono “TERAPIA” utilizzabile per “curare” la scoliosi o qualsiasi altro paramorfismo della colonna vertebrale!
Sono, invece, un valido supporto poiché offrono esercizi di grande variabilità e dinamicità che aiutano gli schemi motori e corporei a compiere azioni compensative; servono di ausilio e da rinforzo agli esercizi che devono essere somministrati in ambiente altamente specializzato nella ginnastica correttiva e compensativa.
Le tecniche di espletamento di esercizio fisico clinico in acqua sono fortemente connesse alle conoscenze delle proprietà fisiche del mezzo (acqua) e del corpo immerso in questo fluido, indipendentemente dalle sue proprietà organolettiche e, in particolare, in relazione al concetto di materia.
L’acqua, o meglio il mezzo acquatico, non deve essere inteso come uno strumento terapeutico o un metodo di trattamento rieducativo. E’ semplicemente, un mezzo dotato di specifiche caratteristiche all’interno del quale possono essere allestite metodiche allenanti. E’ un “attrezzo” per la somministrazione di esercizi rieducativi. Quello che conta è la tipologia di esercizio somministrato e non le conoscenze dell’idrologia che, sicuramente, non possono produrre un “metodo acquatico” contenente obiettivi e strategie rieducative e funzionali.
L’essere umano è un animale terrestre “progettato” per vivere ed espletare tutte le sue funzioni sulla terraferma ma capace di adattarsi all’ambiente acquatico.
Le premesse epistemiologiche di un qualsiasi “somministratore” di esercizi devono, innanzitutto, fare sorgere il concetto di “cosa si può apprendere” in acqua. Poi, “come si apprende un gesto motorio” in acqua declinando le convinzioni, le esperienze e i metodi che non trovano fondamento scientifico a favore dello specifico compito di seguire le regole che governano l’ambiente acquatico.
Tra gli stereotipi culturali che derivano dalla tradizione dell’idrologia e della fisio-climatologia sorge immediata la problematica legata alla temperatura e alla resistenza dell’acqua.
Paramorfismi rachidei e nuoto: Gli effetti “contesto-dipendenti” dell’acqua
Da non trascurare, poi, ci sono gli effetti “contesto-dipendenti” dell’acqua. Tra questi, l’effetto anti-spastico, che assume un ruolo di inutile magia, sospingendo il lavoro in acqua come disciplina irregolare. I risultati portano all’impossibilità di corrette opinioni se non quelle di aver seguito una moda o un luogo comune.
Spasticità, stiffness non-neurale, co-contrazione fisiologica degli antagonisti, reclutamento muscolare e alterazione delle sequenze di attivazione muscolare rispetto alle condizioni del movimento sulla terraferma, … sono tutti elementi utili e non trascurabili per definire i termini di un esercizio da proporre che vanno molto al di là della semplice sterile diagnostica che descrive la patologia.
Indispensabile momento di valutazione davanti a un soggetto con paramorfismi diventa la consapevolezza di termini come l’impairment, la patologia, l’handicap, la disability, lo stato di cronicità, lo stato di stabilità e lo stato di acuzia patologica.
Paramorfismi rachidei e SINDROME GENERALE DI ADATTAMENTO DI SELYE
È fuori da ogni dubbio il fatto che, la pratica di un qualsiasi sport induce a un grande sviluppo della fitness e, quindi, delle qualità fisiche di base (forza muscolare, velocità, resistenza, mobilità articolare, coordinazione oculo-manuale e oculo-podalica, agilità e destrezza, precisione motoria, equilibrio statico, dinamico e in volo, …). Inoltre, stimola lo sviluppo delle grandi funzioni organiche [capacità cardio-circolatorie e respiratorie nel fornire ossigeno alle cellule durante l’attività fisica prolungata: il gold standard di misurazione per tale parametro è il massimo consumo di O2 (VO2max)].
L’organismo umano risponde a un programma di allenamento con adattamenti morfo-funzionali di vari apparati. Apparato respiratorio, cardiocircolatorio, locomotore, digerente, nervoso, endocrino, immunitario, gli permettono di affrontare uno stress fisico con minor fatica e maggiore efficacia (SINDROME GENERALE DI ADATTAMENTO DI SELYE).
Praticare una qualsiasi attività fisica, arrampicarsi, spingere, tirare, rotolarsi, afferrare, lanciare, camminare, correre, saltare, …, cadere, affrontare l’avversario, nuotare, … sono incognite di schemi motori! Questi richiedono rapide ed efficienti soluzioni psico-motorie ed engrammi raffinati. L’arte dell’allenamento si basa sulla Scienza… E, se la Scienza entra in palestra, impone una valutazione per conferire un senso che si chiama traguardo, vittoria (al di là di ogni medaglia)!
“L’arte dell’allenamento” impone la conoscenza di regole fisiologiche e di processi bio-chimici ben precisi.
Se a questo affianchiamo il delicato argomento dei paramorfismi rachidei, occorre fare considerazioni di natura Chinesiologica, Biomeccanica, Pedagogica, Psicologica, …
La flessibilità di una curva scoliotica è determinata dalla somma di parametri morfologici che hanno valori differenti tra loro[1]:
- Indice di riducibilità (è un valore correlato al grado di deformazione delle strutture osteo-legamentose e alla estensibilità tissutale della concavità. La misura della componente elastica della deformità strutturale si ottiene dalla differenza di misura in gradi Cobb rilevati tra una radiografia in decubito supino e una radiografia effettuata in correzione, sempre in decubito supino);
- Cedimento posturale (è un valore ottenibile dalla differenza fra una radiografia in ortostatismo e una radiografia in decubito supino; tale rilievo fornisce un valore prezioso nei confronti del difetto del tono posturale e relativamente all’estensibilità tissutale della concavità. Esprime un danno funzionale neuro-muscolare che si somma alla deformazione strutturale).
Paramorfismi rachidei e nuoto: Il “critical load” o soglia critica di carico
Il “critical load” o soglia critica di carico[2] identifica il valore massimo al di là della quale una colonna vertebrale sottoposta ad un peso, inevitabilmente, va incontro al cedimento strutturale. Nel caso di una curva scoliotica corrisponde all’ingravescenza della curva.
Un miglioramento della curva scoliotica in carico, per effetto di una riduzione del cedimento posturale, costituisce il “freno” della progressività di una scoliosi. Ciò, in quanto la riduzione del valore angolare definisce l’aumento della soglia critica del carico.
Una asimmetria rachidea su due piani (in particolare, quando la riduzione di una curva sagittale si associa a una deviazione laterale sul piano frontale) potrebbe rappresentare l’innesco di innesco di una condizione di scarsa stabilità ed essere fattore facilitativo di un cedimento sul terzo piano dello spazio, poiché si produrrebbe una instabilità meccanica di tipo rotazionale che, in corrispondenza alla rapida crescita puberale va a definire il meccanismo evolutivo della curva scoliotica[3].
Quindi, diventano rischiose le colonne che mostrano la riduzione cifotica con atteggiamento scoliotico in cui, il dorso piatto assume tono prognostico di possibile peggioramento scoliotico.
L’armonica morfologia della colonna vertebrale deve essere biomeccanicamente correlata alla ginnastica compensativa. Questa, deve proporre esercizi finalizzati per combattere le deviazioni laterali vertebrali con la loro prognosi sfavorevole e tutti i possibili fattori di rischio specifico.
Il corpo umano è un vero e proprio “Laboratorio alchemico”. Vi si possono trovare tutti gli elementi utili per trasformare l’energia chimica (che ingeriamo attraverso i cibi!) in energia meccanica (le risposte motorie fornite in ogni istante della propria vita!);
… e tutto deve essere reso economico (il massimo rendimento con il minor dispendio energetico!).
Paramorfismi rachidei, scoliosi e nuoto: La “Scoliosi” comporta l’analisi di diverse sfaccettature!

Immagine tratta dalle lezioni del Prof. Carmelo Giuffrida al Master di I° livello in Posturologia e Scienze dell’Esercizio Fisico presso Università degli Studi di Catania
Discutere di “Scoliosi” comporta l’analisi di diverse sfaccettature dell’operatività pratica. Dall’esercizio fisico in corsetto, alle tecniche di somministrazione dell’attività motoria in propriocettività. Occorre tenere conto delle variabili ambientali durante l’apprendimento motorio, delle skills di supporto, dei tracking applicativi, degli effetti tampone, … Inoltre, si deve considerare l’uso delle camere di espansione se è presente l’adozione di un corsetto e su come sfruttare il corsetto, quale attrezzo ginnico, per ottenere un miglioramento degli schemi motori e della motricità.
Ancor di più, occorre tenere presente le fonti di errore valutative. Ciò vale nelle misurazioni del soggetto esaminato, nelle componenti posturali, negli aggiustamenti microcinetici e dei riflessi. Moment by moment, si innescano processi per il recupero dell’equilibrio ortostatico, nel posizionamento posturale e nel riaggiustamento segmentale, utilizzati per recuperare e mantenere la statica eretta della posizione ortostastica indifferente.
Bisogna collegare l’aspetto meccanico dei trattamenti dello scoliotico all’aspetto pedagogico (l’apprendimento gioca un ruolo determinante!).
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Bibliografia di riferimento
[1] Duval-Beaupére G, Lespargot A, Brossiord A. Flexibility of scoliosis: what does it mean? Spine 1985; 10: 428-32.
[2] https://isico.it/images/uploads/ricerca/ID00299c.pdf
[3] Dickson RA, Lawton JO, Archer IA and Butt WP The pathogenesis of idiopathicscoliosis. J. Bone Joint Surg 1984; 66-B: 8-15.
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